Il dolore è il grido dall'allarme della natura. È l'avvertimento sommario del complesso psichico contro l'aggressione di un estraneo.
Una montagna è come l'istruzione: quanto più alta l'ascesa, tanto più esteso il panorama.
La singola vita di un essere umano è non meno preziosa di tutte le altre vite messe insieme.
La vita è proprio strana. Ti mette in mano carte che puoi leggere solo dopo averle giocate o solo dopo che altri le giocano per te.
Ma il dolore non intende prestare ascolto alla ragione, perché il dolore ha una sua propria ragione che non è ragionevole.
Il dolore è il punto d'appoggio del piacere.
Sono certo di parlare a nome della mia nazione intera, quando dico: l'11 settembre siamo tutti americani, nel dolore come nella sfida.
Che cos'è il piacere, se non un dolore straordinariamente dolce.
La miseria e le preoccupazioni generano il dolore, la sicurezza, invece, e l'abbondanza la noia.
E dopo il bagliore del fulmine, il buio della notte profonda, la quiete non quieta del troppo: troppo vedere, troppo soffrire, troppo sapere. Non quiete del sonno, ma della breve morte: quando il dolore è eccessivo, bisogna morire un po' per andare avanti.
Se il lamentarsi non risuscita nessuno, se il soffrire non muta una sorte immobile e fissa per l'eternità e la morte non ha mai mollato quel che si è preso, cessi un dolore in pura perdita.
Chiunque noi siamo, e qualunque cosa possediamo il dolore ch'è essenza della vita non si lascia rimuovere.
Rimanendo equanime nella felicità e nel dolore, nel guadagno e nella perdita, nella vittoria e nella sconfitta, affronta la battaglia della vita. Così non commetterai peccato.
La natura del dolore è eccellente, perché, se si protrae, non può essere grande, e se è grande, non può protrarsi.
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