L'amore totale si fonda non sull'attaccamento, ma sull'altruismo, che costituisce la risposta più efficace alla sofferenza.

Dalai Lama
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La nostra interpretazione

L’idea centrale è che l’amore, nella sua forma più alta, non nasce dal bisogno di possedere qualcuno, né dal timore di perderlo, ma dalla capacità di uscire da sé stessi per prendersi cura dell’altro. L’attaccamento è guidato soprattutto dal desiderio e dalla paura: desiderio di trattenere ciò che ci fa stare bene e paura di restare soli o privi di ciò che consideriamo indispensabile. In questo modo, l’altro diventa quasi un oggetto da proteggere per proteggere in realtà noi stessi. L’altruismo, invece, sposta l’attenzione: non chiede in cambio, non misura, non controlla. Si concentra sulla sofferenza, propria e altrui, e cerca di rispondervi con comprensione, presenza e compassione. Un amore così è più stabile del semplice trasporto emotivo, perché non dipende dal fatto che tutto vada come vogliamo; continua a esistere anche quando l’altro è in difficoltà, è distante o non corrisponde alle nostre aspettative. Diventa una forza che libera, non che trattiene, e che risana le ferite invece di crearne di nuove. In questa prospettiva, amare significa soprattutto desiderare il bene dell’altro, cercare di alleviarne il peso interiore e contribuire, per quanto possibile, alla sua serenità. L’assenza di attaccamento non è indifferenza, ma una forma più matura di vicinanza, in cui l’io non scompare, ma smette di mettere se stesso al centro. È proprio questo spostamento dal “mio bisogno” al “tuo bene” che rende l’amore una risposta concreta alla sofferenza, personale e collettiva, e lo trasforma in una pratica quotidiana di cura, responsabilità e delicatezza.

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