Nessuno ha il diritto di fermarsi e provare disperazione. C'è troppo da fare.— Dorothy Day
Nessuno ha il diritto di fermarsi e provare disperazione. C'è troppo da fare.
Nessuno ha il diritto di mettersi a sedere e sentirsi disperato. C'è troppo lavoro da fare.
Posso sopportare la mia disperazione, ma non la speranza altrui.
La disperazione è un contabile. Vuol far tornare i conti. Niente le sfugge. Addiziona tutto. Non molla neppure i centesimi. Rimprovera a Dio i fulmini e i colpi di spillo. Vuole sapere come regolarsi con il destino. Ragiona, pesa e calcola.
In tutte le lacrime indugia una speranza.
Le persone fanno così. Saltano, sperando che Dio li faccia volare. Perchè altrimenti cadiamo giù come sassi, e mentre precipitiamo ci chiediamo: ma perchè diavolo sono saltato giù? Ma eccomi qua, Sara, precipito, e c'è una sola persona che mi fa sentire in grado di volare: e sei tu.
La disperazione è come quei bambini precoci, che, quando porti via uno dei loro giocattoli, buttano il resto nel fuoco per rabbia. Diventano arrabbiati con se stessi, si trasformano nei loro stessi aguzzini, e vendicano le loro disgrazie sulla loro stessa testa.
Il successo è la buona fortuna che proviene dall'aspirazione, dalla disperazione, dalla traspirazione e dall'ispirazione.
L'angoscia è la disposizione fondamentale che ci mette di fronte al nulla.
Non abbandonatevi alla disperazione. Siamo il popolo della Pasqua, e Alleluia è la nostra canzone.
Siamo stati tutti dei gridi perduti nella notte.
Nessun dramma personale è tale da poter essere vomitato in faccia agli altri. Per quelli rimediabili, basta e avanza la commedia. Per quelli irrimediabili, in novecentonovantanove casi su mille è preferibile il silenzio. È più decente.