Io credo più nelle cose che nelle parole.
Abbastanza spesso la gente mi considera pazzo quando faccio un salto invece di un passo, proprio come se tutti i salti fossero sbagliati e mai portassero uno in nessun posto.
Non si dà nessuna unione a livello intellettuale, quando pensiamo, divergiamo, esploriamo, ci allontaniamo. Quando sentiamo, ci uniamo.
È un uomo civilizzato colui che dà una risposta seria ad una domanda seria. Di per sé la civiltà non è altro che un sano equilibrio di valori.
Non ho mai conosciuto uno che non valesse un fico secco e che non fosse irascibile.
Parlare di morte è come parlare di denaro. Noi non sappiamo né il prezzo né il valore.
Voce dal sen sfuggita poi richiamar non vale: non si trattiene lo strale, quando dall'arco uscì.
Le parole sono per i pensieri quel che è l'oro per i diamanti: necessario per metterli in opera, ma ce ne vuol poco.
Parlare tutto il giorno senza dire nulla è la Via. Tacere tutto il giorno e ciò nonostante dire qualcosa non è la Via.
A parlarne troppo non si apprezza più nulla.
La struttura del mondo dipende dai modi in cui lo consideriamo, e da ciò che facciamo. E ciò che facciamo, in quanto esseri umani, è parlare e pensare, costruire, agire e interagire. Noi costituiamo i nostri mondi costruendoli.
Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre.
Nessun uomo ha mai saputo abbastanza delle parole. I più grandi maestri sono stati contenti di usarne alcune in modo giusto.
Non sempre dobbiamo parlare sulla piazza del mercato di quello che ci capita nella foresta.
Oggi io penso che, se non altro per il fatto che Auschwitz è esistito, nessuno dovrebbe ai nostri giorni parlare di Provvidenza: ma è certo che in quell'ora il ricordo dei salvamenti biblici nelle avversità estreme passò come un vento per tutti gli animi.