Credo che chiunque non riesca a stare bene da solo non possa conoscere il vero amore; dubito sempre di chi dice "non posso vivere senza di te".
— Fabio Volo
0
La nostra interpretazione
L’idea centrale espressa è che la capacità di stare bene da soli rappresenta una condizione fondamentale per vivere un sentimento autentico verso un’altra persona. Chi è incapace di reggersi sulle proprie gambe, di affrontare la solitudine e di trovare un equilibrio interiore senza un partner, tende a trasformare l’altro in un appiglio, in una stampella emotiva più che in un compagno di vita. In quel caso, il legame non nasce tanto da una scelta libera, quanto dal bisogno, dalla paura del vuoto e dell’abbandono.
Quando qualcuno afferma di non poter vivere senza un’altra persona, emerge il rischio di confondere l’amore con la dipendenza affettiva. È come se l’identità personale fosse sospesa e affidata interamente all’altro, che diventa garante della propria esistenza emotiva. Un sentimento impostato in questo modo è fragile: non lascia spazio alla libertà, alle differenze, alla crescita individuale. L’unione si fonda su un presupposto implicito di mancanza e di carenza, non sull’abbondanza interiore.
L’amore, inteso in senso pieno, richiede due individui che esistono anche separatamente, che sanno attraversare il silenzio e la solitudine senza andare in frantumi. Solo chi non teme di restare solo può scegliere l’altro per arricchire la propria vita, non per riempire una assenza. La relazione diventa allora incontro tra due libertà, non prigione reciproca; condivisione consapevole, non fusione necessaria. In questa prospettiva, il vero amore non è un “non posso vivere senza di te”, ma un “la mia vita è completa anche da sola, e proprio per questo scelgo di viverla con te”.