La canzone è una vecchia fidanzata con cui passerei ancora molto volentieri buona parte della mia vita, sempre e soltanto nel caso di essere ben accetto.
Che la pietà non vi sia di vergogna.
Primavera non bussa, lei entra sicura, come il fumo lei penetra in ogni fessura, ha le labbra di carne, i capelli di grano, che paura, che voglia che ti prenda per mano. Che paura, che voglia che ti porti lontano.
Feconda una donna ogni volta che l'ami così sarai uomo di fede: poi la voglia svanisce e il figlio rimane e tanti ne uccide la fame.
Capelli corti generale ci parlò all'Università dei fratelli tute blu che seppellirono le asce ma non fumammo con lui non era venuto in pace e a un dio fatti il culo non credere mai.
E poi se la gente sa, e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare.
A me fa stare bene l'idea che le mie canzoni siano fischiettate un po' da tutti, non mi importa da chi o da quale ceto sociale, e ancora di più se sono suonate voce e chitarra.
È il migliore dei mestieri, fare canzoni; e subito dopo viene cantarle.
Io cerco di scrivere canzoni ispirandomi ai discorsi che si possono fare sui tram, in mezzo alla gente, dove ti rendi subito conto dell'andazzo sociale. Non voglio dare insegnamenti, voglio soltanto fare il cronista.
La canzone è una penna e un foglio così fragili fra queste dita, è quel che non è, è l'erba voglio ma può esser complessa come la vita.
Come diceva Fabrizio, una canzone può anche non servire, ma conviene sempre scriverla.
Alcune delle migliori canzoni che conosco sono quelle che non ho scritto ancora.
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