Io cerco di scrivere canzoni ispirandomi ai discorsi che si possono fare sui tram, in mezzo alla gente, dove ti rendi subito conto dell'andazzo sociale. Non voglio dare insegnamenti, voglio soltanto fare il cronista.
La sposa in bianco, il maschio forte, i ministri puliti, i buffoni di corte, ladri di polli, super pensioni, ladri di stato e stupratori, il grasso ventre dei commendatori, diete politicizzate, evasori legalizzati.
Ma il cielo è sempre più blu.
Mi sia consentito dire, il nostro è un partito serio, disponibile al confronto.
Chi vive col padre, chi fa la rapina, chi sposa la Gina, chi ha rotto con tutti, chi vince a Merano, chi cerca il petrolio, chi dipinge ad olio, chi chiede un lavoro...
Sognare la vita, vivere un sogno, cantare per non vivere niente.
La canzone è una penna e un foglio così fragili fra queste dita, è quel che non è, è l'erba voglio ma può esser complessa come la vita.
Come diceva Fabrizio, una canzone può anche non servire, ma conviene sempre scriverla.
A me fa stare bene l'idea che le mie canzoni siano fischiettate un po' da tutti, non mi importa da chi o da quale ceto sociale, e ancora di più se sono suonate voce e chitarra.
La canzone è una vecchia fidanzata con cui passerei ancora molto volentieri buona parte della mia vita, sempre e soltanto nel caso di essere ben accetto.
Alcune delle migliori canzoni che conosco sono quelle che non ho scritto ancora.
È il migliore dei mestieri, fare canzoni; e subito dopo viene cantarle.
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