È notte: solo ora si destano tutti i canti degli amanti. E anche la mia anima è il canto di un amante. In me è qualcosa d'inappagato e d'inappagabile: vuole prender voce. Una brama d'amore è in me che parla la lingua dell'amore.
— Friedrich Nietzsche
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La nostra interpretazione
Nel silenzio e nell’intimità della notte emerge una voce interiore che di giorno resta soffocata: il desiderio. Non si tratta di un semplice capriccio o di una passione passeggera, ma di una tensione profonda e incessante verso l’amore, qualcosa che chiede di essere espresso e riconosciuto. L’anima si scopre simile a quella di un amante che canta: non un amore quieto e appagato, bensì un amore che vive proprio nella mancanza, nella distanza tra ciò che si sogna e ciò che si possiede.
Questa brama non trova mai una soddisfazione definitiva. Ogni appagamento, anche quando sembra pieno, apre a un nuovo vuoto, a un nuovo bisogno di donarsi e di ricevere. L’amore qui è lingua madre dell’anima, forma primaria attraverso cui il soggetto sente e interpreta il mondo. È un movimento senza fine, che non può essere ridotto a un singolo incontro o a una singola persona: è una sete radicale di comunione, di intensità, di verità emotiva. Proprio perché inappagabile, questa tensione mantiene vivo l’individuo, lo costringe a non accontentarsi, a restare desto, vulnerabile e ardente. La notte diventa il tempo in cui cadono le maschere e l’essere umano riconosce quanto sia costitutivo per lui desiderare e non smettere mai di cercare un amore che, nel suo compimento assoluto, rimane sempre oltre la propria portata.
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