La nonviolenza non può essere predicata. Deve essere praticata.
La fede che riesce a fiorire solo nel bel tempo è di scarso valore. Perché la fede abbia un qualche valore, deve saper sopravvivere alle prove più dure.
Solo con la purezza e le buone azioni dei seguaci si può difendere la religione, mai con la contrapposizione a chi professa altre fedi.
L'amore umano che si concretizza nel matrimonio deve costituire la pietra di un guado verso l'amore universale.
Il Regno dei Cieli è ahimsa.
Chi perde la sua individualità perde tutto.
Chi è nell'errore compensa con la violenza ciò che gli manca in verità e forza.
La violenza è un metodo di lotta inferiore, brutale, illusorio soprattutto, figlio di debolezza, fonte di debolezza, malgrado, anzi in ragione dei suoi effimeri trionfi.
Quanto più la donna cerca di affermarsi come uguale in dignità, valore e diritti all'uomo, tanto più l'uomo reagisce in modo violento. La paura di perdere anche solo alcune briciole di potere lo rende volgare, aggressivo, violento.
Viviamo in un mondo in cui ci nascondiamo per fare l'amore, mentre la violenza e l'odio si diffondono alla luce del sole.
Fate l'ammore invece di impugnare quel coltello, la violenza è stata sempre il metodo di chi non ha cervello.
La nonviolenza è il fine di tutte le religioni.
Nessuno è di fronte alle donne più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell'uomo malsicuro della propria virilità.
La violenza è rivoluzionaria, quando è adoperata a liberarsi dall'oppressione violenta di chi ci sfrutta e ci domina; appena essa si organizza a sua volta, sulle rovine del vecchio potere, in violenza di governo, in violenza dittatoriale, diventa controrivoluzionaria.
La violenza sulle donne è antica come il mondo, ma nel 2009 avremmo voluto sperare che una società avanzata, civile e democratica non nutrisse le cronache di abusi, omicidi e stupri.
Mi hanno sempre colpito le vittime che non denunciano all'inizio atti violenti pensando che una scenata di gelosia sia amore. Poi diventa troppo tardi.