Ritengo un dovere dei giornalisti non porgere altro che i fatti ai loro lettori.
La felicità e la pace del cuore nascono dalla coscienza di fare ciò che riteniamo giusto e doveroso, non dal fare ciò che gli altri dicono e fanno.
Dato che non penseremo mai nello stesso modo e vedremo la verità per frammenti e da diversi angoli di visuale, la regola della nostra condotta è la tolleranza reciproca.
I deboli non possono perdonare. Il perdono è l'attributo dei forti.
Il futuro dipende da ciò che facciamo nel presente.
La purezza non può venire imposta dall'esterno. Deve procedere da un'evoluzione interiore e, perciò, da uno sforzo individuale.
Un giornalista in buone condizioni di salute fisica e mentale non trova mai belli gli articoli di un altro, neppure se è suo figlio. Anzi, specialmente se è suo figlio.
Non avere un pensiero e saperlo esprimere: è questo che fa di qualcuno un giornalista.
I giornalisti ti battono continuamente la mano sulla spalla: sempre alla ricerca del punto dove conficcare il pugnale più facilmente.
Un vero giornalista spiega benissimo quello che non sa.
I giornalisti sono ignoranti, anzi devono esserlo, per non farsi sommergere dagli eventi e per conservare un po' di sana meraviglia verso la vita. In compenso, imparano in fretta ciò che non sanno.
Chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore.
Non posso essere razionale quando parlo con i giornalisti, perché loro non sono persone razionali.
Quello che bisogna dire ai giornalisti giovani è proprio questo: fare il mestiere senza avere nessuna intenzione di uscirne, allora il mestiere è una cosa seria, altrimenti diventa un veicolo, uno strumento per altre cose.
I giornalisti scrivono perché non hanno niente da dire, e hanno qualcosa da dire perché scrivono.
Se il giornalista è cieco vede solo le ombre. Se il giornalista non è cieco vedrà anche le luci.