L'inconscio è il discorso dell'altro.— Jacques Lacan
L'inconscio è il discorso dell'altro.
Il linguaggio opera interamente nell'ambiguità, e la maggior parte del tempo non sapete assolutamente nulla di ciò che dite.
L'analista non si autorizza che da se stesso.
Il linguaggio, prima di significare qualcosa, significa per qualcuno.
Il sogno è un rebus.
Poiché l'europeo non conosce il proprio inconscio, non capisce l'Oriente e vi proietta tutto ciò che teme e disprezza in se stesso.
Spiegare l'inconscio è un bel compito per la coscienza. L'inconscio non fa sforzi e al massimo riesce a confondere la coscienza.
L'inconscio ci comunica coi sogni frammenti di verità sepolte.
I presentimenti veri si formano a delle profondità che il nostro spirito non visita. Talvolta essi ci fanno anche compiere degli atti che interpretiamo del tutto alla rovescia.
L'inconscio ha un'influenza maggiore sulle nostre scelte e comunica attraverso le emozioni. Quindi per convincere l'inconscio di fare qualcosa bisogna attivare le giuste emozioni.
Le informazioni arrivano prima all'inconscio e poi alla coscienza. Quello che arriva alla coscienza è regolato da dei filtri che agiscono sulla base dell'educazione ricevuta.
L'inconscio è quel capitolo della mia storia che è segnato da un vuoto o occupato da una menzogna: è il capitolo censurato.
Il mio inconscio conosce più cose sulla coscienza dello psicologo di quanto la sua coscienza conosca del mio inconscio.
L'inconscio impara attraverso la ripetizione. La pratica è l'unica via per la perfezione.
I classici sono libri che esercitano un'influenza particolare sia quando s'impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale.