Amare è sopratutto donare se stessi.
— Jean Anouilh
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La nostra interpretazione
L’idea di amare come dono di sé rovescia la visione dell’amore inteso soltanto come emozione o desiderio. Qui l’amore non è misurato da ciò che si riceve, ma da quanto si è disposti a offrire della propria persona: tempo, attenzioni, fragilità, energie, sogni. Donare se stessi significa esporsi senza calcoli, rinunciare al puro tornaconto, mettere l’altro al centro senza però annullare la propria dignità. Non è un semplice sacrificio, ma una scelta consapevole di apertura e di generosità.
Questo modo di intendere l’amore implica responsabilità e maturità: non basta provare sentimento, occorre tradurlo in gesti concreti e costanti. Il dono di sé non è spettacolare, spesso è fatto di piccole rinunce quotidiane, di ascolto autentico, di cura silenziosa. Amare, in questa prospettiva, richiede il coraggio di mostrarsi incompleti, accettando il rischio di essere feriti pur di costruire una relazione reale. È un atto creativo, perché trasformando il proprio io in dono si genera uno spazio in cui anche l’altro può sentirsi libero di donarsi. Così l’amore diventa incontro tra due libertà che scelgono di appartenersi non per possesso, ma per reciproca offerta. In questo orizzonte, la grandezza dell’amore si misura nella capacità di uscire da se stessi per far esistere di più l’altro, senza smettere di lavorare su chi si è.