Non c'è che un rimedio all'amore: la fuga.
— Jean Anouilh
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La nostra interpretazione
L’idea espressa mette al centro la dimensione dolorosa e ingestibile dell’esperienza amorosa, soprattutto quando diventa fonte di sofferenza, ossessione o disillusione. Amare, in certe situazioni, non significa più nutrire la vita, ma rimanere intrappolati in un coinvolgimento che logora, annulla le energie, confonde il giudizio. In questo quadro, l’unica via di salvezza non passa attraverso il dialogo, la comprensione o la trasformazione del rapporto, ma attraverso il distacco netto, quasi una vera e propria fuga. Allontanarsi diventa un atto di autodifesa, un gesto estremo per preservare la propria integrità emotiva. Non si tratta di un invito al coraggio nell’affrontare i problemi, bensì di un riconoscimento amaro: alcune forme di attaccamento non si lasciano correggere, non si lasciano trasformare in qualcosa di sano. Resta allora la scelta radicale di rompere il legame, cambiare luogo, abitudini, perfino identità, pur di sottrarsi al potere che un sentimento ingestibile può esercitare su pensieri e azioni. In questa prospettiva, la distanza non è codardia, ma l’ultima risorsa per sopravvivere emotivamente, quando ogni altra strada sembra preclusa.