L’idea al centro di queste parole è una difesa radicale dell’autenticità nei rapporti sentimentali. L’unione formale, il matrimonio, non viene rifiutato in sé, ma svuotato di valore se non nasce da un sentimento profondo, sincero e indiscutibile. L’interlocutrice afferma che l’unica ragione legittima per sposarsi è un sentimento totalmente genuino, privo di interesse, convenienza o pressione sociale. Poiché considera questo tipo di legame raro o difficile da trovare, accetta in anticipo la possibilità di restare sola, preferendo la solitudine all’adattamento a un rapporto tiepido o costruito. C’è una nota di ironia amara ma anche di fierezza: meglio rinunciare a un ruolo socialmente atteso, come quello di moglie, piuttosto che tradire la propria esigenza interiore di verità emotiva. In filigrana emerge anche una critica alle unioni di facciata, a quelle relazioni che esistono per conformismo o paura della solitudine. La dignità personale viene posta al di sopra del bisogno di sentirsi in coppia, e la libertà di scegliere se e con chi legarsi assume un valore superiore rispetto a qualsiasi promessa priva di sentimento autentico. In questo modo l’amore viene innalzato a misura ultima di ogni scelta di vita condivisa, anche a costo di un destino controcorrente rispetto alle aspettative della società.