La tolleranza è un amore malato d'alterigia.
— Khalil Gibran
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La nostra interpretazione
L’idea al centro di questo pensiero mette in discussione una forma di atteggiamento che spesso viene celebrata come virtù: la tolleranza. Quando la tolleranza nasce dall’alto, come concessione benevola di chi si sente superiore, smette di essere un gesto di apertura e diventa una deformazione del sentimento. Invece di riconoscere l’altro sullo stesso piano, lo sopporta, lo “concede”, lo tollera, mantenendo una distanza di prestigio e potere. In questo modo, ciò che potrebbe assomigliare a una forma di amore per l’umanità si trasforma in un sentimento viziato dall’orgoglio, in cui il centro non è più il rispetto ma l’ego.
L’alterigia maschera il vero riconoscimento dell’altro: non c’è autentica vicinanza dove c’è compiacimento di sé, non c’è cura sincera dove l’altro viene visto come inferiore o bisognoso della nostra magnanimità. L’apparente benevolenza diventa una facciata che custodisce giudizio, distanza e freddezza. In questa prospettiva, un atteggiamento davvero umano non si limita a sopportare le differenze, ma le considera degne di rispetto e ascolto, senza porsi su un piedistallo morale. L’amore autentico non si manifesta come concessione, bensì come relazione alla pari, dove non c’è bisogno di “tollerare” l’altro, perché l’altro viene riconosciuto come legittimo nella sua dignità e nel suo modo di essere.