È più difficile rinunciare all'amore che alla vita.
— Louis-Ferdinand Céline
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La nostra interpretazione
L’affermazione mette in rilievo quanto l’esperienza affettiva possa essere più radicale e totalizzante dell’istinto stesso di sopravvivenza. Per alcuni esseri umani, la vita senza un legame profondo perde consistenza, colore, direzione. L’idea di continuare a esistere privati di un sentimento che dava senso a giorni, scelte e sacrifici può apparire insopportabile, più ancora della morte. Non si tratta soltanto di romanticismo, ma di un riconoscimento del ruolo fondativo che il legame amoroso può assumere nell’identità personale: quando ci si è costruiti intorno a un amore, rinunciarvi significa rinunciare a una parte essenziale di sé.
Allo stesso tempo emerge un paradosso: la vita biologica è oggettivamente più fragile, eppure sul piano interiore è l’amore a risultare più difficile da abbandonare. Si continua a sperare, a ricordare, a rimpiangere, anche quando ogni evidenza suggerirebbe di lasciar andare. La mente e il cuore resistono, si aggrappano a ciò che è stato o a ciò che avrebbe potuto essere. L’esistenza può continuare, ma l’assenza di quel sentimento apre un vuoto che non sempre viene colmato da altri scopi o altri legami. In questa tensione tragica si rivela quanto profondamente il bisogno di amare ed essere amati sia intrecciato all’idea stessa di vivere, fino a confondere i due piani e a rendere quasi impossibile separare la sopravvivenza del corpo dalla sopravvivenza del cuore.
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