Son piccin, cornuta e brunasenza i tacchi sono nessuna,con i tacchi peggio vado,perché se scoreggio cado.Luca, ti amo ma ti è andata bucastasera ho preso le fave di fuca.

Luciana Littizzetto
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La nostra interpretazione

Parole volutamente grottesche, corporee e autoironiche vengono usate per parlare di sé in modo disarmante, senza filtri e senza idealizzazioni. Il corpo è descritto attraverso difetti, imbarazzi, goffaggini, come se ogni aspetto fisico fosse un ostacolo o un elemento ridicolo. In questo modo l’attenzione si concentra sulla distanza tra gli standard di bellezza e di femminilità socialmente accettati e la percezione reale di sé. La figura femminile non è elegante o perfetta, ma buffa, storta, vulnerabile. In mezzo a questa comicità fisica emerge un sentimento autentico, rivolto a una persona specifica, che viene chiamata per nome. Il sentimento è espresso in modo diretto ma inserito in un contesto di scherzo, quasi a proteggersi attraverso l’umorismo. L’amore non è presentato come qualcosa di poetico o idealizzato, bensì come parte della vita quotidiana, fatta di imbarazzi, di battute e di piccoli incidenti. L’ironia diventa uno strumento per accettare la propria imperfezione e per mostrare affetto senza prendersi troppo sul serio. Il linguaggio volgare e giocoso serve a rompere la distanza, trasformando la dichiarazione in una forma di intimità scherzosa e confidenziale, dove l’autoironia diventa un modo per avvicinarsi all’altro con sincerità.

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