Niente è più difficile che accettare sé stessi.
Chi ha mai visto due cani che, quando si incontrano, parlano di un terzo cane, perché non sanno che altro fare insieme?
Scrivere non è comunicare con il lettore, non è neppure comunicare con se stessi, ma comunicare con l'inesprimibile.
Colui che è affamato non ha scelta. Il suo spirito non proviene da dove lui vorrebbe, ma viene dalla fame.
Scrivere è leggere in sé stessi.
Chi non si occupa di politica, ha già preso quella decisione politica che voleva risparmiarsi: serve il partito al potere.
Più duro ad accettare del riconoscimento della propria mediocrità è solo quello della propria bassezza d'animo: il primo ci suggerisce una certa pietà, l'altro ci forza al disprezzo di noi stessi.
Se ti fai dar ragione da un altro, devi anche accettare che ti possa dar torto; se la giustificazione e la lode devono venirti da lui, aspetta anche la sua accusa e la sua punizione.
Accettare se stessi è saggezza; accettare gli altri può anche essere menefreghismo.
Imparare ad accettare il dolore e la morte come necessità del tutto naturali, senza consolatorie illusioni, significherebbe imparare ad accettare la vita.
Non puoi volere una zebra e non accettare le sue strisce.
Se qualcuno giunge al punto di accettare acriticamente tutte le assurdità che le dottrine religiose gli trasmettono, e perfino di ignorarne le contraddizioni vicendevoli, la sua debolezza intellettuale non deve stupirci oltremodo.