Non sei mai un perdente fino a che non smetti di provarci.
Il successo non è permanente, e il fallimento non è fatale.
Il successo è dato dalla disciplina e dalla pace interiore.
Io, quando so di poter cambiare le cose, divento attiva come un ciclone. E, quasi sempre, riesco a cambiarle. Ma, quando so di non poterci far nulla, mi rassegno.
La rassegnazione è la posizione più comoda di un infermo che si è rigirato a lungo tra i tormenti per poterla trovare, e così ha finito per stancarsi e, con la stanchezza, ha trovato anche la posizione.
Tutte le discipline si influenzano a vicenda. Erroneamente l'uomo dice: Questo è l'unico caso dove lascio perdere. Non è vero. Ogni abbandono influenza il resto. Non pensare in questo modo è ingenuo.
La capacità di dimenticare nasce da debolezza e invece la capacità di rassegnarsi nasce da una forza che può essere ascritta tra le virtù.
Una buona dose di rassegnazione è di fondamentale importanza per affrontare il viaggio della vita.
Mi chiedevo se era quella la rassegnazione, quel vuoto aspettare, contando i giorni come i grani di un rosario, sapendo che non ci appartengono, ma sono giorni che pure dobbiamo vivere perché ci sembrano preferibili al nulla.
Per non avere progetti, cioè non nutrire desideri o speranze, accontentarti del tuo destino, di quello che il mondo ti dà da un’alba all’altra – per vivere così devi volere molto poco, il meno che sia umanamente possibile
La seconda età ci toglie l'entusiasmo della prima e non ci dà la rassegnazione della terza.
Chi getta la spugna non vince mai, e un vincente non getta mai la spugna.
Appare diffusa nel Bel Paese, tra la generale rassegnazione (o complicità?), la convinzione che il servizio per il quale si è pagati sia in realtà un magnanimo gesto di cortesia verso chi lo richiede.