Un eroe non può essere eroe se non in un modo eroico.
Le persone che hanno le idee più audaci spesso sono quelle che più tranquillamente si adeguano alle regole di comportamento vigenti nella società. A loro basta il pensiero, e non sentono il bisogno di investirlo nel sangue e nella carne dell'azione.
Nessuno, penso, dovrebbe leggere poesie, o guardare quadri o statue, se non vi sa trovare molto di più di quanto il poeta o l'artista vi abbiano effettivamente espresso.
Nessuno può a lungo avere una faccia per sé stesso e un'altra per la folla senza rischiare di non sapere più quale sia quella vera.
Bisogna riconoscere un merito alla natura umana: quando non è in gioco l'interesse personale, è molto più pronta ad amare che a odiare.
La vita è fatta di marmo e fango.
Alle opere veramente preziose si perviene soltanto tramite la mediazione di questo sforzo antieconomico (lo sport), i cui sublimi risultati sono: la creazione scientifica e artistica, l'eroismo politico e morale, la santità religiosa.
L'Eroe è la coscienza universale del dovere essere.
Ogni eroe finisce per annoiare.
Ci si dimentica sempre che un eroe è un uomo, soltanto un uomo, e che resistere a una tirannia, subire sevizie, languire per anni in una cella senz'aria né luce è a volte più facile che battersi nell'equivoco e nelle lusinghe della normalità.
Il vero eroismo non riceve ovazioni, non intrattiene nessuno. Nessuno fa la fila per vederlo. Nessuno se ne interessa.
L'eroe è sempre quello che resta, e il colpevole chi abbandona il campo.
Fare il proprio dovere val meglio dell'eroismo.
Essere un eroe ha il suo prezzo.
Quando indago la gloria conseguita dagli eroi, e le vittorie dei grandi generali, non invidio i generali.
L'unità di misura del teatro come rappresentazione è l'uomo, e quest'uomo deve poter essere riconosciuto da coloro che siedono nella platea come uno di loro, come un campione, nel bene e nel male, di ciò che essi sono, temono o sperano di essere; un eroe, insomma.