Visto che non ci torno in prigione.
Noi uomini viviamo come in una specie di prigione, e non possiamo liberarcene da noi medesimi, e tanto meno svignarcela.
Io dico che queste mura sono strane: prima le odi, poi ci fai l'abitudine, e se passa abbastanza tempo non riesci più a farne a meno: sei istituzionalizzato. È la tua vita che vogliono, ed è la tua vita che si prendono. La parte che conta almeno.
Non ci sono abbastanza prigioni, non abbastanza poliziotti, non abbastanza tribunali per applicare una legge non sostenuta dalla gente.
Quando leggo i giornali alla mattina mi arrabbio. E allora penso a Epicuro che diceva che per star sereni bisogna star lontani dalla prigione degli affari e della politica. Aveva proprio ragione.
A volte provo un senso di gratitudine per gli anni trascorsi in prigione. Senza quegli anni, sarei piaciuto a Mi-do.
Che cosa credeva di dimostrare tenendomi in carcere? Un bel niente, eccettuato il fatto che aveva il potere di farlo.
La vita fa presto a riformare dei vincoli che prendono il posto di quelli da cui ci si sente liberati: qualunque cosa si faccia e ovunque si vada, dei muri ci si levano intorno creati da noi, dapprima riparo e subito prigione.
Ospedali e galere e puttane: ecco le università della vita. Ho preso diverse lauree. Chiamatemi dottore.
Anche in una prigione si può trovare ampiezza e pienezza di vita.