L'interpretazione delle leggi lascia al giudice un certo margine di scelta: entro questo margine chi comanda non è la legge inesorabile, ma il mutevole cuore del giudice.
Inutile la chiarezza, se il giudice, vinto dalla prolissità, si addormenta. Più accetta la brevità, anche se oscura: quando un avvocato parla poco, il giudice, anche se non capisce quello che dice, capisce che ha ragione.
L'avvocato farà bene, se gli sta a cuore la sua causa, a non darsi l'aria di insegnare ai giudici quel diritto, di cui la buona creanza impone di considerarli maestri.
L'avvocato che nel difendere una causa entra in aperta polemica col giudice, commette la stessa imperdonabile imprudenza dell'esaminando che durante la prova si prende a parole coll'esaminatore.
Il segreto della giustizia sta in una sempre maggior umanità e in una sempre maggiore vicinanza umana tra avvocati e giudici nella lotta contro il dolore.
La legge è il consenso di tutti scritto e promulgato per il ben comune.
Essere completamente liberi e, allo stesso tempo, completamente dominati dalla legge è l'eterno paradosso della vita umana.
Il popolo deve combattere per la sua legge come per le mura della città.
Le cattive leggi sono la peggior sorte di tirannia.
Fra due leggi opposte, tra due stabilimenti di usanze che hanno inconvenienti e vantaggi, bisogna consultar quale origine abbiano in natura e limitarli coi limiti fissati dalla natura medesima. Esempio il pensiero della posterità che le leggi limiteranno a sufficienza a due o tre generazioni.
L'italiano rispetta la legge soprattutto se coincide con i suoi interessi.
La legge ci ha onorati: che possiamo onorarla a nostra volta.
Non v'è vita senza legge. Qualunque cosa esiste, esiste in un certo modo, secondo certe condizioni, con una certa legge.
I deboli di mente e l'uomo di genio non dovrebbero essere uguali davanti alla legge.
La legge è fatta per la protezione dei bricconi.
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