La perdita di cui non ci si avvede non è una perdita.— Publilio Siro
La perdita di cui non ci si avvede non è una perdita.
Per chi ha un desiderio impellente anche l'essere solleciti sembra ritardo.
La morte in sé non è una brutta cosa: brutta è la strada che porta alla morte.
Dura è la povertà che nasce dalla ricchezza.
Chi è erede per nascita è più sicuro di chi lo è per testamento.
Nessun piacere dura se non è ravvivato dalla varietà.
Una mano lava l'altra e tutte due l'ombelico del mondo.
Forse le passioni morali fuorviate sono migliori della confusa indifferenza.
Se l'ignoranza e la passione sono i nemici della moralità nel popolo, bisogna anche confessare che l'indifferenza morale è la malattia delle classi colte.
Sorge all'orizzonte il contrario del mondo che veneriamo, e del mondo che viviamo e che siamo. Non resta, che o eliminare le nostre venerazioni o eliminare noi stessi. Quest'ultima cosa è il nichilismo.
Il prezzo pagato dalla brava gente che non si interessa di politica è di essere governata da persone peggiori di loro.
È di questa pasta che siamo fatti, metà di indifferenza e metà di cattiveria.
Nella difficile arte di stare al mondo si dovrebbe scrivere la vita con leggerezza, scivolare, sorvolare, dimenticare, ripartire ogni mattina da quello che resta. In una parola: fregarsene.
Diffida dell'uomo a cui piace tutto, di quello che odia tutto e, ancora di più, di colui che è indifferente a tutto.
Il vero poeta moderno dovrebbe scrivere sui muri, per le vie, le proprie sensazioni e impressioni, fra l'indifferenza o l'attenzione dei passanti.
Se un essere soffre, non può esistere nessuna giustificazione morale per rifiutarsi di prendere in considerazione tale sofferenza.