In Italia tutti ritengono che il cambiamento sia necessario, ma poi sospirano perché è anche impossibile.— Sergio Rizzo
In Italia tutti ritengono che il cambiamento sia necessario, ma poi sospirano perché è anche impossibile.
I governi italiani per avere i voti del Sud concessero i pieni poteri alla piccola borghesia, delinquente e putrefatta, spiantata, imbestialita, cacciatrice d'impieghi e di favori personali, ostile a qualunque iniziativa potesse condurre a una vita meno ignobile e più umana.
La casta politica, una volta che sei dentro, ti permette quasi sempre di campare tutta la vita. Un po' in Parlamento, un po' nei consigli di amministrazione, un po' ai vertici delle municipalizzate, un po' nelle segreterie. Basta un po' di elasticità.
Tutto il mondo riconosce che l'identità dell'Italia è la cultura. Quando ce ne convinceremo anche noi raccoglieremo benefici turistici, politici e quindi anche economici.
La svolta epocale sarebbe la semplificazione. Il contenimento di una burocrazia asfissiante.
Uno può mancare il bersaglio mirando troppo in alto, così come troppo in basso.
Ciò che dà alla tragedia il suo particolare slancio verso l'alto è il sorgere della convinzione che il mondo, che la vita non ci possano dare nessuna vera soddisfazione, e che perciò non meritino il nostro attaccamento: in ciò consiste lo spirito tragico, il quale conduce alla rassegnazione.
La speranza, al contrario di quello che si crede, equivale alla rassegnazione. E vivere non è rassegnarsi.
Nessuno è mai sconfitto fino a quando la sconfitta non viene accettata come realtà.
La capacità di dimenticare nasce da debolezza e invece la capacità di rassegnarsi nasce da una forza che può essere ascritta tra le virtù.
Sapeva che nella vita viene il momento in cui brutto e bello svolgono piú o meno la stessa funzione, quando tutto ciò che guardi altro non è che un gancio a cui appendere le sensazioni scomposte del corpo, e i brandelli della mente.
Dall'abito della rassegnazione sempre nasce noncuranza, negligenza, indolenza, inattività, e quasi immobilità.
Noi uomini siam in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non rassegnati ma stupidi, il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile.
Da giovane ho desiderato che la bellezza fosse in me e sono stato un infelice. Ora so che è ovunque intorno a me e la accetto.
Le virtù cristiane della pazienza e della rassegnazione sono le massime virtù dell'imbecillità umana.