L'uomo non sa di essere felice, ma si sente felice.— Umberto Galimberti
L'uomo non sa di essere felice, ma si sente felice.
A promuovere la fede nel soprannaturale è di solito quella mancanza di senso che ciascuno di noi non fatica a toccare ogni giorno con mano su questa terra.
La sessualità è un rischio dove l'individuo gioca la sua identità e la società il suo ordine.
L'amore non è possesso, perché il possesso non tende al bene dell'altro, né alla lealtà verso l'altro, ma solo al mantenimento della relazione, che, lungi dal garantire la felicità, che è sempre nella ricerca e nella conoscenza di sé, la sacrifica in cambio di sicurezza.
Tra invidia e superbia c'è una sottile parentela dovuta al fatto che il superbo, se da un lato tende a superare gli altri, quando a sua volta viene superato non si rassegna, e l'effetto di questa non rassegnazione è l'invidia.
La recensione è un genere letterario da abolire perché induce al riassunto, quindi alla chiusura del libro. I libri invece vanno aperti, sfogliati, dissolti nella loro presunta unità, per offrirli a quella domanda che non chiede "che cosa dice il libro?", ma "a che cosa fa pensare questo libro?
Il nostro destino si fa riconoscere solo quando lo raccontiamo a noi stessi come se 'io' fosse un altro.
Nelle piccole cose come nelle grandi cose ognuno deve conoscere e tenere ben presente i propri limiti.
La paternità, in quanto generazione cosciente, è sconosciuta all'uomo.
Io non ho mai le idee così chiare come quando ho bevuto.
Colui che cerca di tradurre poesia sente il linguaggio di Adamo sulla punta della lingua, ma sa di non farcela.
Dove sei nella consapevolezza ha tutto a che fare con ciò che vedi nell'esperienza.
Ognuno ha i suoi momenti di felicità: si tratta semplicemente di moltiplicare la consapevolezza e le opportunità.
Attraverso la consapevolezza di sé ci si rende conto che la guarigione è una delle forze più potenti che sostengono la vita.
La pratica intenzionale richiede un considerevole, specifico e continuo sforzo per fare qualcosa che non sai fare bene, o addirittura non sai fare per nulla.
La risolutezza sorge soltanto per un atto dell'intelligenza che, divenuta conscia della necessità del rischio, con questa necessità determina la volontà.