Il centro dell'intelligenza non sta nel cervello, ma in fondo al cuore.
Genio è colui che fa grandiosamente e con naturalezza ciò che altri soltanto con grosso impegno e studio riescono a fare modestamente.
Imparare ad accettare il dolore e la morte come necessità del tutto naturali, senza consolatorie illusioni, significherebbe imparare ad accettare la vita.
Ciò che più ci rattrista della morte di un conoscente è il ricordarci che presto o tardi toccherà pure a noi.
Se alcuni comportamenti ci sembrano assurdi è perché non ne conosciamo le vere motivazioni.
A che serve affannarsi tanto per risparmiare tempo, quando poi non si è capaci di far altro che ammazzarlo?
Per riconoscere che non siamo intelligenti, bisognerebbe esserlo.
La religione non è altro che l'ombra gettata dall'universo sull'intelligenza umana.
Si sprecano più energie per dimostrare di non essere stupidi di quelle che si impiegano per manifestare intelligenza.
Una delle possibili definizioni astratte dell'intelligenza è la capacità di trovare connessioni fra cose diverse, talvolta anche molto diverse.
Una sola forza può ancora opporsi alla follia generale: l'intelligenza illuminata dalla fede.
Si è così profondi, ormai, che non si vede più niente. A forza di andare in profondità, si è sprofondati. Soltanto l'intelligenza, l'intelligenza che è anche «leggerezza», che sa essere «leggera», può sperare di risalire alla superficialità, alla banalità.
Gli uomini intelligenti non possono essere dei buoni mariti, per la semplice ragione che non si sposano.
La capacità di parlare non fa di te un essere intelligente, ora vedi di filare.
L'intelligenza è la facoltà mediante la quale noi comprendiamo finalmente che tutto è incomprensibile: e guardiamo le cose dal fondo dell'illusione umana.
L'intelligenza è invisibile per l'uomo che non ne possiede.