La cinematografia è un tipo di scrittura che va coltivata con una certa irruenza: un film commerciale non è un peccato, importante è vivere certi momenti, accorgersi di tutto.
Mi piace il pasticcio enorme che è l'Italia.
Mi è molto affine l'umorismo, lo slancio emotivo del popolo russo.
Gli italiani sono singoli geni che formano, tutti insieme, un popolo politicamente disordinato e immaturo. Una collettività talmente sorprendente da rendere problematico un giudizio complessivo.
Vorrei tre vite: col cinema forse ne assecondo l'illusione.
Politicamente si pascono ancora di illusioni e credono alle fanfaluche più che ai fatti concreti, poi magari si svegliano e voltano le spalle di colpo ai loro idoli.
Il cinema ha questo di salutare: anche se la voglia originaria si è dileguata, la realizzazione comporta una tale serie di problemi concreti che vai avanti a fare la cosa senza renderti conto di non ricordarla più. Il film lo giri senza sapere esattamente di che si tratta.
Il teatro è condannato a morire da sé e deve consegnare il suo retaggio al cinematografo. Il cinematografo, tramutati in un ramo industriale l'ingenuo realismo e l'artisticità di Cechov e Gorki, spiana la strada al teatro dell'avvenire, alla libera arte dell'attore.
Le corde della lira dei poeti moderni sono interminabili pellicole di celluloide.
Non sono brava a capire ciò che il pubblico vuole vedere.
Il cinema non è tutto il circo che gli si forma intorno.
Il cinema è come una vecchia puttana, come il circo e il varietà, e sa come dare molte forme di piacere.
Il cinema dev'essere spettacolo, è questo che il pubblico vuole. E per me lo spettacolo più bello è quello del mito.
Cinema. Prigione per gli occhi.
Quando entri in un meccanismo come quello del cinema, è estremamente difficile uscirne. Il teatro rimane uno dei cardini principali nel cinema, la mia esperienza teatrale rimane un fatto fondamentale. È stata la base.
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