Ogni volta che viaggio, viaggio parecchio all'indietro.
Uno scrittore vero non prende appunti per strada o al caffè perché significherebbe che sta rubando tempo alla scrittura interna che non deve cessare mai - e che va celata sempre.
Scrivere rientra nelle prestazioni del trapezista da triplo salto mortale senza rete.
Il padre è sempre altrove: deputato a difendere la famiglia, di fatto è sempre fuori della familgia a progettare la società o difendere la patria, cioè se stesso, la sua radice vitale.
Tutto è un modo di interpretare una realtà che non c'è più: si interpreta non la realtà ma la realtà ideale secondo un potere, ed è questo che è molto deludente.
È sempre stata la debolezza dell'intellettuale creativo piegare un rutto che non viene all'intelligenza che deborda.
Si viaggia non per arrivare ma per viaggiare e fra gli indugi brilla il puro presente.
Che cos'è viaggiare e a cosa serve viaggiare? Qualsiasi tramonto è il tramonto; non è necessario andarlo a vedere a Costantinopoli.
Ben pochi amano davvero viaggiare. Se affrontano i fastidi e le spese di un viaggio non è tanto per curiosità o per divertimento o per il piacere di vedere cose belle e insolite, quanto per una forma di snobismo.
Quelli che si mettono in viaggio per vedere con i loro occhi una città desiderata e immaginano si possa godere, in una realtà, le delizie della fantasia.
Il viaggio è sempre un ritorno a casa, l'avventura dello spirito che parte per impadronirsi del mondo e dispiegare, in questa lotta col molteplice e con l'ignoto, le proprie latenti possibilità, sì da tornare, cresciuto e adulto, alla casa ritrovata.
C'è un momento in cui il viaggio iniziato non può più essere interrotto, corriamo verso una frontiera, passiamo attraverso una porta misteriosa e ci svegliamo dall'altra parte, in un'altra vita.
Il viaggio più bello quaggiù è quello che facciamo l'uno verso l'altro.
Viaggiare è il modo più piacevole, più impraticabile è più costoso di istruirsi.
Viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un'altra.
Uno dei piaceri del viaggio è immergersi dove gli altri sono destinati a risiedere, e uscirne intatti, riempiti dell'allegria maligna di abbandonarli alla loro sorte.