Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza.— Alessandro Manzoni
Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza.
Ora sapete come è l'aspettativa: immaginosa, credula, sicura; alla prova poi, difficile, schizzinosa: non trova mai tanto che le basti, perché, in sostanza, non sapeva quello che si volesse.
La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell'uno e dell'altra.
La collera aspira a punire:e, come osservò acutamente un uomo d'ingegno, le piace più d'attribuire i mali a una perversità umana, contro cui possa far le sue vendette, che di riconoscerli da una causa, con la quale non ci sia altro che rassegnarsi.
Una delle più gran consolazioni di questa vita è l'amicizia; e una delle consolazioni dell'amicizia è quell'avere a cui confidare un segreto.
Certo non è cosa ragionevole l'opporre la compassione alla giustizia, la quale deve punire anche quando è costretta a compiangere, e non sarebbe giustizia se volesse condonar le pene dei colpevoli al dolore degli innocenti.
La ricerca più nobile è la ricerca dell'eccellenza.
Le palme della gloria non appassiscono mai.
La gloria, regal femmina, vuol sedurre e non esser sedotta.
La differenza fra la gloria reale e quella fittizia sta nel sopravvivere nella storia o in una storia.
Sotto la buona volontà, dietro il desiderio di mostrare come stiano veramente le cose, spesso succede di trovare l'ansia di celebrare se stessi, di raggiungere la gloria, qualcosa che ha a che fare con il proprio ego.
Chi de la gloria è vago sol di virtù sia pago.
L'errore peggiore è pensare che quello che conta più di tutto in una partita sia vincere. Niente affatto. Quello che conta è la gloria. È giocare con stile, con bellezza, è andare in campo e travolgere l'avversario, non aspettare che sia l'avversario a farsi avanti e così morire di noia.
La gloria degli scrittori, non solo, come tutti i beni degli uomini, riesce più grata da lungi che da vicino, ma non è mai, si può dire, presente a chi la possiede, e non si ritrova in nessun luogo.
Una forma invidiabile di gloria, forse tra le più belle: legare il proprio nome al crollo di una religione.
La gloria del superbo presto si trasforma in disonore.