I libri sono di chi li legge.— Andrea De Carlo
I libri sono di chi li legge.
La famiglia è un'istituzione orribile. È un luogo di crimini, riparato dalla legge.
Nell'amico c'è qualcosa di noi, un nostro possibile modo di essere, il riflesso di una delle altre identità che potremmo assumere.
Le persone più interessanti sono sempre il frutto di situazioni complicate.
L'assenza di difficoltà produce solo cretini.
Scrivere è un'attività per invalidi compiaciuti che sublimano nei libri la frustrazione di non riuscire a vivere.
Non esiste un vascello veloce come un libro, per portarci in terre lontane, né corsieri come una pagina di poesia che si impenna.
Mi diletta perdermi nella mente altrui. Quando non vado a passeggio, leggo; sono incapace di star seduto a pensare. I libri pensano per me.
Se un libro non dà piacere a rileggerlo infinite volte, tanto vale non leggerlo affatto.
Il buon lettore fa il buon libro.
Non basta avere molti libri, bisogna anche spolverarli.
Uscire da un libro è come uscire dal meglio di sé. Passare dagli archi soffici e ariosi della mente alle goffaggini di un corpo accattone sempre in cerca di qualcosa è comunque una resa.
Bisogna sfogliare un'intera biblioteca per fare un libro.
Per capire la differenza che esiste tra leggere un racconto su internet o su un libro, basta chiudere gli occhi e mettere il palmo della mano, prima sullo schermo e poi sulla pagina del libro. Il contatto con la carta, anche detto "libridine", ci fa capire la differenza.
Il libro ti muta nell'essenza.
Il libro deve desiderare penna, inchiostro e scrivania: ma di solito sono penna, inchiostro e scrivania a desiderare il libro. Perciò oggi i libri valgono così poco.