Un vecchio scrittore sconosciuto ha detto: "Nulla eguaglia la gioia dell'uomo che beve, se non la gioia del vino di essere bevuto".
Della religione, credo sia inutile parlarne e cercarne i resti: darsi ancora la pena di negare Dio è infatti il solo scandalo in simile materia.
Chi dice romanticismo dice arte moderna, cioè intimità, spiritualità, colore, aspirazione verso l'infinito, espressi con tutti i mezzi presenti nelle arti.
Il dandy dovrebbe aspirare ad essere ininterrottamente sublime. Dovrebbe vivere e dormire davanti a uno specchio.
È necessario lavorare, se non per gusto, almeno per disperazione, poiché, verificato tutto, lavorare è meno noioso che divertirsi.
Noi vogliamo, per quel fuoco che ci arde nel cervello, tuffarci nell'abisso, inferno o cielo non importa. Giù nell'ignoto per trovarvi del nuovo.
Il bere, in un certo tempo simbolico, è in un altro tempo vizio.
Quando bevi, il mondo è sempre là fuori che ti aspetta, ma per un po' almeno non ti prende alla gola.
Prima tu prendi un drink, poi il drink ne prende un altro, e infine il drink prende te.
Bevo soltanto per far sembrare gli altri più interessanti.
Per smettere di bere ho provato con la psicanalisi. Ora bevo sdraiato su un divano.
Si può bere troppo, ma non si beve mai abbastanza.
Dove il bere entra, l'intelligenza esce.
Se succede qualcosa di brutto si beve per dimenticare; se succede qualcosa di bello si beve per festeggiare; e se non succede niente si beve per far succedere qualcosa.
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