Se inizierò a parlare di amore e stelle, vi prego: abbattetemi.

Charles Bukowski
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La nostra interpretazione

Qui emerge una profonda diffidenza verso il linguaggio romantico e verso tutto ciò che suona come idealizzazione zuccherosa dell’amore. L’autore sembra rifiutare in blocco l’immaginario fatto di cuori, stelle e promesse eterne, come se quel modo di parlare fosse una menzogna, un tradimento della realtà concreta dei sentimenti. Dietro l’invito estremo a essere fermato con la forza se mai dovesse abbandonarsi a quel tipo di discorso, si intravede una ferita: l’esperienza di un amore che non ha mantenuto le sue promesse, che forse è stato deludente, sporco, imperfetto. Questa posizione è anche una dichiarazione di poetica: meglio la crudezza, la sincerità spigolosa, l’assenza di abbellimenti, piuttosto che l’estetica facile dei sogni romantici. L’amore, in questa prospettiva, non è qualcosa da esaltare con immagini celestiali, ma una zona di conflitto, di mancanze, di fragilità umane. Il rifiuto delle stelle è il rifiuto delle illusioni, l’insistenza nel voler restare con i piedi per terra, anche a costo di apparire cinico. Nel fondo, però, si percepisce una tensione: chi sente il bisogno di prendere le distanze così radicalmente da un certo modo di parlare d’amore, probabilmente ne è stato attraversato fino al punto da temerlo. Non si tratta di indifferenza, ma del timore di ricadere in un’ingenuità che ha già presentato il conto. La violenza ironica dell’immagine scelta serve a proteggere una vulnerabilità: meglio essere bloccati, quasi eliminati, piuttosto che arrendersi ancora una volta alla seduzione di un romanticismo che non gli appartiene più.

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