La preghiera è un'empietà.— Charles Lemesle
La preghiera è un'empietà.
Colui che predica la morale limita di solito le sue funzioni a quelle d'un trombettiere di reggimento, che dopo aver sonata la carica e fatto molto rumore, si crede dispensato di pagar di persona.
Le donne amano molto i coraggiosi, ma ancor di più gli audaci.
La ragione ha delle illusioni senza le quali essa perde tutto il suo gusto.
La condicio sine qua non della saggezza e della felicità, è una buona digestione.
Non si ha torto quando si ha torto, ma quando non si è capaci d'insinuare o imporre agli altri l'idea che si ha ragione.
La preghiera pensata come un mezzo per realizzare un fine personale è una meschinità, è un furto. Suppone un dualismo e non una unità in natura e nella coscienza. Non appena l'uomo sarà tutt'uno con Dio, non pregherà più. Vedrà la preghiera in ogni atto.
Chi crede in Dio può rivolgergli le sue preghiere, per chi lo conosce la preghiera si chiama lavoro.
Così come le preghiere degli uomini sono una malattia della volontà, le loro credenze sono una malattia dell'intelletto.
Nella preghiera io trascino Dio nella miseria umana, lo faccio partecipe delle mie sofferenze e dei miei bisogni. Dio non è sordo ai miei lamenti mi esaudisce e ha compassione di me. Dio ama l'uomo, ossia soffre delle sventure dell'uomo.
Niente costa di più di ciò che si è comperato con le preghiere.
Quand'anche potessi credere, sarei ancora ben lungi dal poter pregare. Il pregare continuerebbe a sembrarmi il modo più sfacciato di seccare Dio, il peccato più nauseante di tutti, e dovrei intercalare ogni preghiera con lunghi periodi di espiazione.
La preghiera non ha bisogno di parole.
Quando gli dèi vogliono punirci, esaudiscono le nostre preghiere.
Si versano più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte.