La fortuna non può impicciarsi con la miseria, così va la legge di natura!
Vivere senza nessun mestiere è la miglior cosa: magari accontentarsi di mangiare pane solo, purché non sia guadagnato.
Una delle possibili definizioni giuste di scrittore, per me sarebbe addirittura la seguente: un uomo a cui sta a cuore tutto quanto accade, fuorché la letteratura.
Come già tutti i secoli e millenni che l'hanno preceduto sulla terra, anche il nuovo secolo si regola sul noto principio immobile della dinamica storica: "agli uni il potere, e agli altri la servitù".
Raramente ci si guarda, con se stessi, negli occhi, e pare che in certi casi questo valga per un esercizio estremo.
L'intenzione delle femmine è di degradare la vita. È questo, che ha voluto dire la leggenda degli ebrei, raccontando la cacciata dal paradiso terrestre per volontà di una femmina.
Etica, morale, diritti umani? Cose di lusso per noi che conosciamo solo il passaggio di riso e fagioli. La nostra etica è una sola: tentare di non crepare. Che cosa valgono tutti i princìpi che non sanno darci da mangiare? La vita viene prima di tutto.
Invece di dare al popolo sacerdoti, soldati e maestri, sarebbe opportuno sapere se non stia morendo di fame.
Anche il vivere, nella miseria è un insulto.
La plebe è tumultuante per abito, malcontenta per miseria, onnipotente per numero.
L'America è un enorme torta glassata in mezzo a milioni di persone che muoiono di fame.
Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero.
La sensazione che provocano le casupole infime, sudice, infette, barcollanti tra rigagnoli e immondizie, è stranamente liberatrice: non c'è alcun tentativo di velare, di nascondere, di eludere la fondamentale sporcizia dell'esistere, la sua qualità escrementizia e torbida.
Il denaro non può comprare la felicità, ma rende la miseria più sopportabile.
Nel turbine della vita sociale e nelle lotte delle passioni moltissime forze vanno miseramente perdute, perché si produce la forza senza il lavoro, e perché si obbligano a lavorare organi nati deboli o sdruciti dal mal uso di essi.
Giochiamo a fare i rivoluzionari nei nostri piccoli spazi riservati e ci sentiamo pericolosi e importanti e poi alla prima occasione vera torniamo poveri minorenni senza una casa e senza un lavoro e senza soldi, senza la minima possibilità di incidere sulla nostra vita.