L'Europa è cristiana, è l'invenzione di alcuni vescovi particolarmente ricchi di intuito e di un pugno di missionari all'avventura.
L'Europa deve a questa pluralità di percorsi tutto il suo sviluppo progressivo e multiforme.
Noi europei non ci siamo indebitati per salvare le banche e poi osservarle da lontano mentre tengono chiusi i rubinetti per l'economia reale.
Avremo l'Europa quando avremo un comune sentimento europeo.
Dell'Europa percepiamo ancora più limiti che opportunità.
L'Europa ci incastra meno di quanto credessimo: s'è italianizzata col ritorno dell'Est ai tedeschi. Né la sua moneta, né la sua forma politica sono fatte per durare.
È finita in Europa l'"età dell'oro". È finita la fiaba del progresso continuo e gratuito. La fiaba della globalizzazione, la "cornucopia" del XXI secolo. Il tempo che sta arrivando è un tempo di ferro.
La costruzione dell'Europa è un'arte. È l'arte del possibile.
La vecchia e cara Europa di Thomas Mann e degli antichi parapetti di Dresda non conta più nulla.
Per essere italiani nel mondo dobbiamo essere europei in Italia.
Chi conosce la storia, in particolare la storia europea, saprà riconoscere che il dominio dell'istruzione o di governo di qualsiasi fede religiosa non è mai un affare felice per il popolo.
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