L'Italia l'han fatta metà Iddio e metà gli Architetti.
Guai alla macchina che confessa la fatica del proprio lavoro; anche nelle macchine, come negli uomini, noi apprezziamo l'ermeticità dell'organismo, l'abilità del lavoro, l'eleganza dello sforzo.
Ho smesso di credere all'utilità di una Storia scritta al di fuori di tutti i circuiti della politica e della cultura tradizionali. Anzi, ad essere sincero sino in fondo, ho smesso di credere all'Italia.
In Italia il lavoro bisognava tenerselo stretto, anche quello noioso.
In Italia si dice Dio e si pensa subito al papa e alla curia romana, è una sorta di reazione meccanica che dobbiamo alla nostra lunga storia all'ombra del Cupolone, e non sono pochi coloro che dicono di essere senza Dio solo perché in realtà vogliono liberarsi dal papa e dalla curia.
Il rispetto delle alleanze non significa che l'Italia debba tenere il capo chino.
L'Italia è il solo paese dove si gusta ancora la gioia di vivere. Ci fa credere nella gioia di vivere, anche quando lei stessa non ci crede.
In Italia vi è un'onda di corsi e ricorsi che fa passare l'opinione pubblica media, e talvolta anche quella di cospicue personalità politiche, da una autarchia avvilente e incostruttiva a una vera e propria soggiacenza alle altrui esperienze e fenomenologie.
Tutto il male dell'Italia viene dall'anarchia. Ma anche tutto il bene.
I nostri rappresentanti politici attuali in Italia sono scarsi.
L'italiani sono di simulato sospiro.
L'Italia è un paese: sta all'America, alla Russia, alla Cina, come Enna sta a Roma.