Un crimine generalizzato diviene ben presto un diritto.
Non si è religiosi soltanto quando si adora una divinità, ma anche quando si mettono tutte le risorse dei proprio spirito, tutte le sottomissioni della volontà, tutti gli ardori del fanatismo, al servizio d'una causa o d'un uomo diventato lo scopo e la guida dei sentimenti e degli atti.
Bisogna possedere uno spirito molto indipendente per crearsi cinque o sei opinioni personali nel corso dell'esistenza.
La folla è un gregge che non può fare a meno di un padrone.
Non si è padroni dei propri desideri, lo si è spesso della propria volontà.
L'uomo mediocre aumenta il proprio valore facendo parte di un gruppo; l'uomo superiore lo sminuisce.
Criminali. Gente che pensa male dei carabinieri, e di cui i carabinieri pensano peggio.
Ogni criminale è il boia di se stesso.
Occorre fare attenzione a non lasciare che i crimini commessi da singole persone o da piccoli gruppi ci facciano cadere nella trappola delle "generalizzazioni", in modo che questi atti condizionino il nostro modo di guardare a intere popolazioni, intere regioni e religioni.
Abbastanza spesso il criminale non è all'altezza della sua azione: egli la immeschinisce e la calunnia.
Il crimine è una sorta di malattia e dovrebbe essere trattato come tale.
Spogliato delle razionalizzazioni etniche e delle pretese filosofiche, un crimine è una qualunque cosa, che chi comanda, proibisce.
C'è chi, come prezzo del proprio misfatto, ebbe la forca, chi la corona.
Un crimine che riporta successo e fortuna è chiamato virtù.
Il crimine e le vite scellerate sono la misura del fallimento di uno Stato, ogni crimine alla fine è il crimine della comunità.
Nel crimine c'è dell'eroismo, come nella virtù. Il vizio e l'infamia hanno i propri altari e la propria religione.