Ogni criminale è il boia di se stesso.
Immagina di abbracciare l'immensità del tempo e l'universo, e poi paragona all'infinito quella che chiamiamo vita umana: vedrei come è poca cosa questa vita che desideriamo e cerchiamo di prolungare.
Niente dura sempre, poche cose a lungo; varia solo il loro modo di essere fragili, il loro modo di finire, ma tutto ciò che ha avuto un inizio avrà anche una fine.
Vivi con gli uomini come se Dio ti vedesse, parla con Dio come se gli uomini ti udissero.
Quando ci sembra che si avvicini un pericolo di morte, consideriamo quanto ci sono vicini altri pericoli di cui non abbiamo paura.
Giammai sarai felice finché ti tormenterai perché un altro è più felice.
Occorre fare attenzione a non lasciare che i crimini commessi da singole persone o da piccoli gruppi ci facciano cadere nella trappola delle "generalizzazioni", in modo che questi atti condizionino il nostro modo di guardare a intere popolazioni, intere regioni e religioni.
Abbastanza spesso il criminale non è all'altezza della sua azione: egli la immeschinisce e la calunnia.
Spogliato delle razionalizzazioni etniche e delle pretese filosofiche, un crimine è una qualunque cosa, che chi comanda, proibisce.
Un crimine che riporta successo e fortuna è chiamato virtù.
C'è chi, come prezzo del proprio misfatto, ebbe la forca, chi la corona.
Il crimine e le vite scellerate sono la misura del fallimento di uno Stato, ogni crimine alla fine è il crimine della comunità.
Criminali. Gente che pensa male dei carabinieri, e di cui i carabinieri pensano peggio.
Nel crimine c'è dell'eroismo, come nella virtù. Il vizio e l'infamia hanno i propri altari e la propria religione.
Un crimine generalizzato diviene ben presto un diritto.