Ciò che chiamiamo rassegnazione non è altro che disperazione cronica.
Voglio che le cose siano incredibili, troppo belle per sembrare vere.
Non datemi l'amore, non datemi il denaro, datemi la verità.
Dovremmo essere prima uomini, e poi cittadini.
La verità è sempre in armonia con se stessa, e non ha come scopo principale quello di mostrare che la giustizia può accordarsi al male.
Nessuna ricchezza può comprare il tempo libero necessario, la libertà e l'indipendenza che sono il capitale in questa professione.
Esisteranno sempre l'intelligenza, la voglia di libertà, l'eros e le sale da ballo, ma la parola speranza non mi sento più di pronunciarla.
Vi è in ogni uomo una capacità enorme di rassegnazione, l'uomo è naturalmente rassegnato. È per questo che dura.
L'abitudine genera rassegnazione. La rassegnazione genera apatia. L'apatia genera inerzia. L'inerzia genera indifferenza.
Solo i principi valgono la pena di una lotta e d'una sconfitta; per tutto il resto si può essere arrendevoli.
Quanta rassegnazione nella saggezza.
La sindrome di Cassandra è la condizione di chi formula ipotesi pessimistiche ma è convinto di non poter fare nulla per evitare che si realizzino.
Ciò che non può essere curato, deve essere sopportato.
Rifiuto di rinunciare a me stesso e rassegnarmi. Un uomo rassegnato è un uomo morto prima di morire, ed io non voglio essere morto prima di morire. Non voglio morire da morto! Voglio morire da vivo!
Questa ripetizione ossessiva di sé stessi, al di là del dato anagrafico, è il vero segno dell'"invecchiamento" italiano: vecchio è chi dispera di cambiare e di cambiarsi, ed è ormai rassegnato a essere fino alla fine ciò che è sempre stato.
Qualche certezza resta intatta. Fortunatamente o sfortunatamente, sia chiaro. Per esempio, la certezza che la sinistra italiana riesca a perdere le elezioni.