Non sai che ognuno ha la pretesa di soffrire molto più degli altri?
Gli avari non credono a una vita futura, il presente è tutto per loro.
Il bruto si copre, il ricco e lo sciocco si adornano, l'elegante si veste.
Una società di atei inventerebbe subito una religione.
La trascuratezza nel vestire è un suicidio morale.
Vi sono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che ci viene insegnata, la storia ad 'usum delphini', e la storia segreta, dove si trovano le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.
È probabile che i tormenti del martirio li sentono più acutamente gli astanti. I tormenti sono illusori. La prima sofferenza è l'ultima sofferenza, perché le lesioni successive si perdono nell'insensibilità.
I dolori immaginari sono di gran lunga i più reali, dato che ne abbiamo un bisogno costante e li inventiamo perché non c'è modo di farne a meno.
Chi continua a esultare sul rogo, non trionfa sul dolore, ma del fatto di non provare dolore laddove se l'aspettava. Una metafora.
Quanto dolore c'è nella vita, è vero, ma quanta vita c'è nel dolore?
Sinché un uomo gode della vita, nulla deve disperare: può ad un tratto passare dal più profondo dolore alla massima gioia; dalla massima disgrazia alla più alta felicità.
Un momento di dolore vale una vita di gloria.
E dopo il bagliore del fulmine, il buio della notte profonda, la quiete non quieta del troppo: troppo vedere, troppo soffrire, troppo sapere. Non quiete del sonno, ma della breve morte: quando il dolore è eccessivo, bisogna morire un po' per andare avanti.
I più grandi dolori sono quelli di cui noi stessi siamo la causa.
Il dolore è la forma più intensa di vita, è sovreccitazione: quindi, il ricerchiamo.
Quanto più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potete contenere.
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