Ancora pochi giorni e per tutta la vita sarai l'uomo che è arrivato in cima all'Everest!
Dall'alto della montagna tu puoi vedere come sia grande il mondo, e come siano ampi gli orizzonti.
Di cosa ho paura? Della vita borghese dalla quale sono sempre scappato fin da piccolo quando abitavo in Val Funes e non c'era neanche un campo da calcio per giocare. Guardavo le montagne e pensavo che arrampicandomi sarei andato via dal campanilismo e dalla ristrettezza mentale della valle.
Ci sono tre grandi cose al mondo: gli oceani, le montagne e una persona impegnata.
Andare in montagna è un'attività fine a se stessa. Non c'è nessun altro motivo, nessuna ragione specifica perché qualcuno debba scalare una montagna, se non la passione individuale, l'orgoglio, l'entusiasmo per la natura.
Ora siamo nelle montagne e le montagne sono dentro di noi.
Io chiedo a una scalata non solamente le difficoltà ma una bellezza di linee.
Nel mondo c'è un ordine naturale di farmacie, poiché tutti i prati e i pascoli, tutte le montagne e colline sono farmacie.
La rinuncia in montagna è un atto di umiltà, perciò difficile.
Non si può pervenire in cima alla montagna senza passare per vie difficili e scoscese; non giungere alla virtù senza che costi assai sforzi e fatiche. Ignorare la strada che s'ha a prendere, mettersi in cammino senza guida, é un volersi smarrire, un mettersi in pericolo della vita.
Consideriamo l'alpinismo come un'opportunità per esprimere noi stessi fuori dalla giungla delle città che la burocrazia dilagante, il sistema paralizzante delle garanzie sociali e l'intolleranza borghese rendono sempre più simili a prigioni.