L'infelicità deve essere commisurata non tanto al male in sé, quanto al carattere di chi soffre.— Joseph Addison
L'infelicità deve essere commisurata non tanto al male in sé, quanto al carattere di chi soffre.
Di rado una donna chiede consiglio prima di aver comprato l'abito da sposa.
Nessuna oppressione è così pesante o duratura quanto quella inflitta dalla perversione e dall'eccesso di autorità legale.
La vera felicità nasce in primo luogo dal piacere del proprio io, e poi, dall'amicizia e dalla conversazione di pochi compagni scelti.
L'uomo che vive al di sopra delle sue possibilità, è in gran pericolo di vivere presto al di sotto di esse; o come dice il proverbio italiano, "Chi vive sperando muore penando".
I mortali non hanno la facoltà di comandare al successo, ma noi faremo di meglio: lo meriteremo.
Tutti gli uomini per necessità nascono e vivono infelici.
Solo recitando la propria infelicità si può superarla.
Cosa e dove saremmo senza la nostra infelicità? Essa ci è, nel vero senso della parola, dolorosamente necessaria.
L'uomo coltiva la propria infelicità per avere il gusto di combatterla a piccole dosi.
Non c'è niente di più comico dell'infelicità.
L'infelicità rende Dio assente agli occhi degli uomini per un certo tempo, più assente di un morto, più assente della luce in una prigione oscura.
Gli uomini che sono infelici, come gli uomini che dormono male, ne menano sempre vanto.
È meglio essere infelicemente innamorati che essere infelicemente sposati. Alcuni fortunati riescono in tutte e due le faccende.
La via più sicura per evitare una grande infelicità è di ridurre possibilmente le proprie pretese in rapporto ai propri mezzi di qualunque specie.
Se infelice è l'innamorato che invoca baci di cui non sa il sapore, mille volte più infelice è chi questo sapore gustò appena e poi gli fu negato.