L'unico antidoto alla sofferenza mentale, è il dolore fisico.
Scuotendosi di dosso il giogo politico, la società civile si scuote di dosso i lacci che avvincevano il suo spirito egoista.
La critica non ha strappato i fiori immaginari dalla catena perché l'uomo continui a trascinarla triste e spoglia, ma perché la getti via e colga il fiore vivo.
L'emancipazione politica fu contemporaneamente l'emancipazione della società civile dalla politica, dalla parvenza stessa di un contenuto universale.
Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalle tradizioni.
La crudeltà, come qualsiasi altra cosa, subisce la moda, cambia secondo i tempi e i luoghi.
È tanto facile avere simpatia per la sofferenza. E tanto difficile avere simpatia per il pensiero.
Ciò che propriamente fa rivoltare contro la sofferenza non è la sofferenza in sé, bensì l'assurdità del soffrire.
La sofferenza è una specie di bisogno dell'organismo di prendere coscienza di uno stato nuovo che l'inquieta, di rendere la sensibilità adeguata a questo stato.
Non è vero che la sofferenza nobilita il carattere; la felicità a volte lo fa, ma la sofferenza, il più delle volte, rende gli uomini meschini e vendicativi.
Posso simpatizzare con qualsiasi cosa, tranne che con la sofferenza.
L'uomo è nato per soffrire. Se non soffre, soffre.
Le sofferenze dicono migliorano l'uomo. Visti i risultati, proverei con la felicità.
Piuttosto soffrire che morire, è il motto degli uomini.
Noi ci consoliamo delle sofferenze della vita pensando alla morte, e della morte pensando alle sofferenze della vita.