Il sesso è la peggiore delle droghe, e unito a una storia impossibile può essere fatale: perché il desiderio non cala, l'appagamento è estemporaneo e l'autostima vacilla al momento dei saluti.
— Luca Bianchini
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La nostra interpretazione
Le parole mettono in luce la dimensione ambivalente del desiderio fisico quando è intrecciato a una relazione che non ha futuro o che, per sua natura, non può realizzarsi pienamente. Il paragone con una droga sottolinea la forza di attrazione, la dipendenza emotiva e la difficoltà di disintossicarsi da un legame che offre solo momenti brevi di soddisfazione. Il corpo viene appagato, ma questo appagamento è fugace, incapace di sedare una fame più profonda di vicinanza, riconoscimento e sicurezza affettiva.
Si evidenzia il circolo vizioso per cui il desiderio, anziché attenuarsi, cresce proprio perché non trova una risposta stabile. L’assenza di progettualità, la precarietà del rapporto e la consapevolezza della sua impossibilità generano un senso di vuoto subito dopo l’incontro. Il momento dei saluti diventa il punto in cui esplode la fragilità: ci si sente usati, non abbastanza, facilmente sostituibili. La breve euforia lascia spazio alla caduta dell’autostima, a domande dolorose sul proprio valore e sull’importanza che si ha per l’altro.
Si tratteggia una forma di passione che non nutre, ma consuma. Non è la fisicità in sé a essere condannata, bensì la combinazione di attrazione intensa e mancanza di reciprocità emotiva, di rispetto e di prospettiva. Ne emerge l’immagine di un legame che, pur sembrando vivo e potente, nella sostanza logora l’identità e il senso di sé, fino a diventare potenzialmente distruttivo per chi vi rimane intrappolato.