L'estremo lembo dell'audacia è amare umilmente se stessi.

Luigi Giussani
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La nostra interpretazione

Amare se stessi in modo umile viene presentato come un atto di grande coraggio, quasi il punto più avanzato a cui può arrivare l’audacia umana. Non si tratta di narcisismo, di compiacimento o di autoesaltazione, ma di uno sguardo veritiero e misericordioso su di sé. L’umiltà implica riconoscere lucidamente limiti, fragilità, errori, ma anche valore, dignità, desideri profondi. È difficile accettare tutta la propria realtà senza fuggire, senza coprirla con maschere o condannarla con durezza. L’audacia sta proprio nel non scappare da ciò che si è, nel non giudicarsi solo per ciò che manca o che non funziona. Amare se stessi in modo umile significa volere il proprio bene autentico, desiderare di crescere senza negare le proprie cadute, perdonarsi senza giustificarsi, prendersi sul serio senza prendersi troppo sul serio. È un amore che non pone sé al centro del mondo, ma riconosce che senza una riconciliazione con la propria persona ogni altro amore rischia di diventare possesso o dipendenza. Tale atteggiamento richiede una sfida interiore continua: smettere di misurare il proprio valore solo sul successo, sul giudizio degli altri o sugli standard ideali, e iniziare a guardarsi con la stessa tenerezza con cui si guarderebbe un amico caro. In questa prospettiva l’audacia non è aggressività, ma la forza quieta di accogliersi, abbracciarsi e ripartire, rimanendo onesti con se stessi e, proprio per questo, più capaci di amare davvero gli altri.

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