Non si può avere compatimento per gli altri, quando abbiamo troppo da soffrire per noi stessi.
La vita è un flusso che noi cerchiamo di arrestare in forme stabili e determinate ... dove la realtà ti disperde e disintegra oppure ti vincola e ti incatena fino a soffocarti.
La vera solitudine è in un luogo che vive per sé e che per voi non ha traccia né voce, e dove dunque l'estraneo siete voi.
L'umorismo non ha affatto bisogno d'un fondo etico, può averlo o non averlo: questo dipende dalla personalità, dall'indole dello scrittore.
La vita, qua, schiaccia il piede a uno; cava là un occhio a un altro... Gamba di legno, occhio di vetro, e avanti! Ciascuno si racconcia la maschera come può la maschera esteriore. Perché dentro poi c'è l'altra, che spesso non s'accorda con quella di fuori. E niente è vero!
L'umorismo è un fenomeno di sdoppiamento nell'atto della concezione; è come un'erma bifronte, che ride per una faccia del pianto della faccia opposta.
Nella dorata guaina della compassione si nasconde talvolta il pugnale dell'invidia.
Meglio essere invidiato che essere oggetto di compassione.
Solo chi è molto infelice ha il diritto di compatire un altro.
Non è cosa tanto nemica della compassione quanto il vedere uno sventurato che non è stato in niente migliorato, né ha punto appreso dalle lezioni della sventura, maestra somma della vita.
Solo la virtù concede un buon Karma e la più grande virtù è la compassione.
La compassione è chiamata virtù solo dai décadents.
È disperante frequentare persone per cui si prova disprezzo: essere obbligati, per pura cortesia, ad ammirare cose la cui insignificanza fa compassione.
La vista continua di persone sofferenti fa diminuire continuamente la compassione. Invece, si diventa tanto più sensibili al dolore degli altri quanto più si è capaci di partecipare alla loro gioia.
Se tutte le elemosine venissero date solo per compassione, i mendicanti sarebbero tutti quanti morti di fame.
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