La compassione è chiamata virtù solo dai décadents.
Quando la virtù ha dormito, si alza più fresca.
La vita è pesante da portare: ma, per favore, non fate troppo i delicati! Noi siamo tutti quanti graziosi e robusti asini e asine. Che cosa abbiamo in comune col bocciolo di rosa, che trema per il peso di una goccia di rugiada?
Si è accettato il valore di questi valori come dato, come qualcosa di effettivo, al di là di ogni discussione.
Un'anima che si sa amata, ma che non ama, rivela il proprio fondo: quello che ha di infimo affiora.
Tutti gli uomini che facciamo aspettare a lungo nell'anticamera del nostro favore vanno in fermentazione o divengono acidi.
Non si può avere compatimento per gli altri, quando abbiamo troppo da soffrire per noi stessi.
È disperante frequentare persone per cui si prova disprezzo: essere obbligati, per pura cortesia, ad ammirare cose la cui insignificanza fa compassione.
Se tutte le elemosine venissero date solo per compassione, i mendicanti sarebbero tutti quanti morti di fame.
Meglio essere invidiato che essere oggetto di compassione.
La vista continua di persone sofferenti fa diminuire continuamente la compassione. Invece, si diventa tanto più sensibili al dolore degli altri quanto più si è capaci di partecipare alla loro gioia.
Solo la virtù concede un buon Karma e la più grande virtù è la compassione.
Solo chi è molto infelice ha il diritto di compatire un altro.
Non è cosa tanto nemica della compassione quanto il vedere uno sventurato che non è stato in niente migliorato, né ha punto appreso dalle lezioni della sventura, maestra somma della vita.
Nella dorata guaina della compassione si nasconde talvolta il pugnale dell'invidia.