L'invidia è come prendere un veleno e aspettare che l'altra persona muoia.
Ci si può liberare dell'invidia gustando le gioie che si trovano sul proprio cammino, svolgendo il lavoro che si deve svolgere, ed evitando di fare confronti con coloro che reputiamo, forse erroneamente, molto più fortunati di noi.
Il milionario non godrebbe niente se gli mancasse l'invidia del popolo.
Essere felici è essere invidiati. Ebbene, c'è sempre qualcuno che c'invidia. Si tratta di conoscerlo.
L'invidioso è destinato a non godere mai.
L'invidia è come una palla di gomma che più la spingi sotto e più ti torna a galla.
Sono immune dall'invidia, libero di provare ammirazione e amicizia, che bellezza! Non c'è niente di più triste di qualcuno che soffre per il successo altrui, che è schiavo della critica e del rancore, che trasuda invidia, che si dibatte nel dispetto: un infelice.
L'invidia sempre vile e bassa, avversa alla giustizia e alla benevolenza è quella che sbandisce dall'animo ogni pace e tranquillità nel suo livore, che è capace del tradimento e della calunnia per opprimere ed abbassare il merito, che si espone giustamente all'odio ed all'esecrazione di tutti.
L'invidia somiglia molto all'amore: essere invidiato è quasi essere amato.
L'amore guarda attraverso un telescopio; l'invidia, attraverso un microscopio.
Il morso dell'invidia è quello spasmo doloroso che ci afferra nostro malgrado alla vista di qualcuno che possiede quello che non possediamo e che desideriamo. E' il prodotto della vertigine della mancanza.