Molti scrittori hanno necessità di ferite, ciascuna fisica o spirituale.
Le pallottole non possono essere chieste indietro. Non potevano non essere inventate. Ma possono essere tolte dai fucili.
L'invidia non arriva mai al ballo vestita da invidia. Arriva vestita da qualcos'altro: ascetismo, standard elevati, buonsenso.
Bisogna camminare sette volte nello stesso posto perché smetta di farti paura.
Qualcuno ci sorveglia mentre scriviamo. La madre. Il maestro. Shakespeare. Dio.
Le armi sono come i soldi; nessuno ne ha mai abbastanza.
Una vocazione genuina porta lo scrittore a scrivere solo per sé: dapprima per orgoglio, poi per umiltà.
Talora uno scrittore, per dire troppo, diventa più comico dei suoi personaggi.
C'è chi crede d'esser un grande scrittore perché tutti lo leggono; e c'è chi crede d'esser un grande scrittore perché non lo legge nessuno.
Alcuni scrittori per scrivere hanno bisogno della vena. Altri dell'avena.
Molti scrittori scrivono libri che loro stessi non leggerebbero mai.
Agli scrittori piace soltanto la puzza dei propri stronzi.
Solo la fama e con essa il reddito rendono "professionale" lo scrittore. Fino a che resta oscuro, appare agli occhi dei conoscenti e degli stessi famigliari nulla più che un innocuo e scontento "amateur".
Il compito primordiale dello scrittore di oggi è di essere «mitoclasta».
C'è solo un giudice ultimo della scrittura ed è lo scrittore. Quando diventa preda di critici, redattori, editori e lettori è finito. E naturalmente quando diventa preda della fama e della gloria potete buttarlo a mare insieme agli stronzi.