La vera scienza soprattutto insegna a dubitare e ad essere ignoranti.
La fede che non dubita non è fede.
L'uomo, per il semplice fatto di essere uomo, di aver coscienza di sé, è, in confronto all'asino o al granchio, un animale malato. La coscienza è malattia.
L'unico modo di dare determinatezza al mondo è quello di dargli la consapevolezza.
L'amore è compassione, e più si ama, più si prova compassione.
La scienza intera non è altro che un modo più sofisticato del pensare quotidiano.
Un vero scienziato non crea caste. Sono gli scienziati falliti che, arrivati per vie traverse in qualche stanza dove si esercita il potere, non scientifico ma politico, lo usano a fini di nepotismo. Accade per esempio in strutture accademiche che di scientifico hanno poco o niente.
Se questa scienza che grandi vantaggi porterà all'uomo, non servirà all'uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarsi contro l'uomo.
Tutta la conoscenza prescientifica, sia essa animale o umana, è dogmatica; e con la scoperta del metodo non dogmatico, cioè del metodo critico, comincia la scienza.
La necessità di isolarsi per dedicarsi al proprio lavoro scientifico è la prima di tutte le necessità di un uomo di scienza.
Se lo scientismo è qualcosa, esso è la fede cieca e dogmatica nella scienza. Ma questa fede cieca nella scienza è estranea allo scienziato autentico.
Scopo della scienza non è tanto quello di aprire una porta all'infinito sapere, quanto quello di porre una barriera all'infinita ignoranza.
Uno scienziato è una mammola quando ha sbagliato lui e un leone ruggente quando scopre l'errore di un altro.
La scienza che esita a dimenticare i suoi fondatori è perduta.
La scienza non può stabilire dei fini e tanto meno inculcarli negli esseri umani; la scienza, al più, può fornire i mezzi con i quali raggiungere certi fini. Ma i fini stessi sono concepiti da persone con alti ideali etici.